LUCI DI SERVIZIO
Dittico Teatrale
Pièce che comprende due azioni: Dove fa il nido la ghiandaia e Il re di Francia. In ognuna di esse una
scena assolutamente scarna ed essenziale accoglie due personaggi, prima un
attore e un regista, poi un macchinista e un elettricista teatrali. È dunque il nudo palcoscenico che
fa da contenitore e da universo per due eventi strettamente legati e in
apparenza confinati nell’ambito dello specifico teatrale. Il gioco teatrale
crea un filo conduttore che collega per continuità quasi fisica, gli accenti
drammatici e talvolta disperati della prima azione allo sberleffo scanzonato
della seconda
Rappresentato
dal 7 al 12 ottobre 1997 al Teatro Santa Chiara di Brescia dal Teatro
dell'Orma, con la regia dell'autore che ne fu anche interprete assieme a
Daniele Squassina e Maurizio Milzani.
Ecco brani delle due azioni:
Azione Prima DOVE FA IL NIDO LA GHIANDAIA
Personaggi: L’attore - Il
regista
…………………………………
Regista – (Lo molla.) Sai anche recitare bene
quando vuoi, maledetto te.
Attore – No, non quando
voglio, quando mi riesce. Sempre vorrei.
Regista – Non
capisco, non ti seguo. Perché saltabecchi così, da una battuta all’altra, senza
logica? Cosa cerchi?
Attore – Cerco.
Regista – Ma
cosa, cosa?
Attore – Non lo so.
Regista – Allora
non è vero che cerchi.
Attore – Lo saprai tu!
Regista – Vuoi
esercitarti, scegli Calibano; bene, e allora fallo! È un ruolo che non ti
affiderei
mai se dovessi mettere in scena La Tempesta, questo è certo. Ma vuoi
esercitarti e allora mi presto ad aiutarti. Scusa, sai, se ti faccio un favore!
Sì, sì, un favore; è inutile che tu faccia quella faccia. Un favore! Da te
dovrei esigere di non perdere un minuto e dargli sotto con la tua parte perché
annaspi e il tempo stringe. Da una prova all’altra non avanzi di un passo. Mi
dai dello sbirro e io sono qua lo stesso per darti una mano. Un imbecille, ecco
cosa sono. Una mano a fare quello che vuoi tu! E tu rifiuti, ti metti a fare
l’estroso e a menarmi per il naso. Ma lo vuoi capire che né tu né nessun altro
attore di questa compagnia può fare da solo? Non siete all’altezza. E forse
nessuno, nessun attore in assoluto. I proverbi in teatro vanno capovolti:
l’abito fa il monaco e chi fa da sé non fa per tre ma sempre per uno meno
qualcosa, se non zero o peggio. Ma no, non lo capite, non lo volete capire e mi
date dello sbirro. Io, il regista, sono quello che vi toglie la vostra libertà,
il truce castratore! Non la libertà ma le vostre velleità vi tolgo, o almeno ci
provo. Neanche i ruoli sapreste scegliervi, perché vi spinge di più l’ambizione
che la conoscenza dei vostri mezzi, espressivi e intellettivi. Strizza un
attore e qualche goccia di narciso esce sempre; più spesso è un torrente.
Attore – Un regista mi
guarderei bene dallo strizzarlo.
Regista – Sbagli,
dovresti farlo, ma hai paura di trovare qualcos’altro oltre lo sbirro. Ti serve
troppo la figura dello sbirro per coccolare le tue inefficienze.
Attore – Hai detto
inefficienze.
Regista – Sì,
inefficienze, e sono stato gentile.
Attore – No, chiaro, sei
stato chiaro.
Ban ban Caliban
non ha più
padrone, uomo nuovo si fa,
ban ban ca
Caliban.
Ehilà, vita nuova,
vita nuova, libertà!
Prospero
se ne è andato. Un grande guscio l’ha restituito al mare. Non c’è più re.
L’isola è nostra, Ariele, è nostra. Noi siamo nostri!
Regista – Che
fai, ricominci con gli sproloqui?
Attore – Ariele, l’isola è
libera, noi siamo liberi!
Regista – Basta
idiozie, smettila!
Attore – Ariele, mia madre
Sicorace ti fece prigioniero e Prospero ti liberò, ma Prospero mi fece schiavo
e tu fosti suo servo e mio carceriere. Tutto questo è finito. E’ giusto non
dimenticare il passato ma è tremendo farsene schiavi. Tutto può nascere ora.
Possiamo essere liberi!
Regista – Ti
ho detto di piantarla! Cosa vuoi fare ora, vuoi andare al dopo La Tempesta?
Attore – Ci sei, ci sei, è
così!
Regista – Ma
cercando che, che cosa? Che te ne fai di Calibano? Dopo Shakespeare sono stati
scritti migliaia di testi e non mancano capolavori. Sceglitene uno se non ti
interessa La Tempesta così com’è. Sbarazzati di Calibano e scegliti un
personaggio di oggi; ce n’è di materiale per un attore!
Attore – Mi interessa
Calibano e non da attore ma perché sono attore.
Regista – Fammi
capire.
Attore – Non mi so spiegare.
Regista – Perché
non hai niente da spiegare, allora.
Attore – Già, hai ragione
tu, hai sempre ragione tu!
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Azione Seconda IL RE DI FRANCIA
Personaggi:
Il macchinista - L’elettricista
……………………………………..
Macchinista – Mi basta camminare, perché
dovrei volare?
Elettricista – Già, e se vuoi salire usi la
scala.
Macchinista – Perché, tu no? Tu frulli le
ali per agganciare in alto i riflettori?
Elettricista – Ma la fantasia l’agganci? La
parola, il gesto, l’idea, la poesia, devi agganciarli? Puoi agganciarli? No.
Devono volare. E tu devi volare se vuoi che volino. O tuffarti fino alle soglie
dell’inferno per scavare nell’animo umano e rivelare il senso dell’atto e il
perché della risata. Ma quando il tuo volo è troppo corto per la parola che hai
scelto, il tuo corpo troppo greve per quel gesto, la tua testa troppo ottusa
per quell'idea e te ne accorgi, –é raro ma succede–, oppure lo supponi o lo
paventi anche se non è, ecco, è l’impotenza, atroce, tremenda, che ti porta
alla disperazione.
Macchinista – Eh, là là!
Elettricista – Hai mai visto uomini
scorticare a morsi i tronchi dei tigli? Sono attori vittime dell’impotenza. Hai
mai visto donne inginocchiarsi sui parafulmini? Sono attrici in preda
all’impotenza. Quel tale che bacia continuamente locomotive in corsa, è un
regista ossessionato dall’impotenza. Quell’altro, che sventra ombrelli con i
gomiti, è un drammaturgo oppresso dall’impotenza. E quei due che si annodano ai
semafori, sono poeti al colmo dell’impotenza. Quando vedi tutta una città dar
di testa sulle cantonate, è una città di artisti impotenti. Se una civiltà
intera ingoia se stessa è perché ha reso impotenti i propri artisti.
Macchinista – È tua?
Elettricista – Non lo so ma suona bene.
Macchinista – Insomma, se è impotenza qui
si chiude bottega.
Elettricista – Soffriresti?
Macchinista – Sì.
Elettricista – Perché?
Macchinista – Perché il teatro mi piace.
Elettricista – Perché?
Macchinista – Oh bella! Non lo so. Mi
piace e basta.
Elettricista – Risposta esatta.
Macchinista – No. No, che lo so! Mi piace
questo fatto che uno qui è Giuseppe, poi con un passo entra in scena...è il Re
di Francia. Da qui a qui, capisci? Mi
fa impazzire. Ci casco sempre come un bambino. Ricordi quante repliche abbiamo
fatto dell’Assassinio nella Cattedrale?
Elettricista – No.
Macchinista – Centoquarantadue. Secondo
atto, l’arcivescovo, la predica: “In nome del Padre, del Figlio, dello Spirito
Santo...”...per centoquarantadue volte mi sono fatto il segno della croce,
senza contare le prove. Io, che non sono credente! È più forte di me. Quando
gli attori passano da qui a qui, credo a tutto.
Elettricista – E quando il Re di Francia
ripassa da qui a qui e ridiventa Giuseppe, come la prendi? Sei deluso, ti
arrabbi?
Macchinista – No. Sono deluso se qualcuno
è Giuseppe qui e qui.
Elettricista – Ah, spesso allora! E
vorresti anche tu essere Luca qui e un altro qui?
Macchinista – Mai. Solo pensarci mi fa
paura.
Elettricista – Paura del pubblico?
Macchinista – No, paura per me. Paura di
non riuscire a essere un altro. E se dovesse succedere, paura, anzi terrore di
non riuscire più a essere me stesso.
Elettricista – Insomma sei il tecnico
ideale, ti affascina il teatro ma non aneli diventare attore.
Macchinista – Tu sì invece?
Elettricista – Fossi matto!
Macchinista – Ma sei matto!
Elettricista – È vero. Fammi
pensare...Mercurio, il tuo adepto mi intriga. Spara semplicità che mi
sorprendono, anzi, mi turbano. Perché pur essendo pazzo non voglio essere
attore? Timidezza? Impossibile, non è nel mio bagaglio. Verecondia? Siamo
seri...! Incredulità nell’arte? Al contrario, mi sento molto artista con le
luci...Ci sono: logorrea. Non saprei star zitto, non sopporterei i silenzi, non
saprei aspettare il mio turno per parlare, farei solo e sempre lunghi monologhi
o vorrei fare io tutti i personaggi. Duellerei con me stesso. Sarebbe un po’
riduttivo e monotono, non ti pare?
Macchinista – Mi pare, mi pare!
Elettricista – Vuoi vedere?
Macchinista – No, no, per favore!
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